GESTIRE LE EMOZIONI È POSSIBILE?

Di: | Tags: | Commenti: 0 | Giugno 6th, 2015

Qualche giorno fa, riflettendo sui temi da discutere con voi ho deciso di accogliere una delle vostre proposte: trattare un argomento ostico quale la gestione delle emozioni.

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Cominciamo con una certezza: le emozioni – perlomeno nella loro natura organica – non si possono gestire! Il cosiddetto sistema limbico (complesso amigdaloideo, nuclei talamici anteriori, ippocampo, etc.) la fa da padrone nell’attivare e alimentare i processi responsabili dell’elaborazione delle emozioni. Ecco il primo punto: c’è una componente organica (biologica) dell’esperienza emotiva il cui accesso è vietato alla nostra soggettività e discrezionalità.

Se, peraltro, con gestione delle emozioni intendiamo il controllo che vorremmo esercitare sulle stesse – beh! – questo risulta complesso e controproducente. Complesso perché l’etimologia stessa del termine (dal lat. emotiònem – emòtus p.p. di emovère = trasportar fuori, scuotere, smuovere) ci suggerisce che si tratta di processi dinamici spesso turbolenti e/o eccitanti, sempre vivi. Essere emozionati, far emozionare, sentire di provare una data emozione in risposta a un evento, una persona o anche semplicemente un pensiero scuote qualcosa che inevitabilmente ci pone in una posizione di allerta. Viviamo la paura, il fastidio, la gioia, lo stupore e reagiamo quasi inconsapevolmente a tutto ciò. Se poi ci chiediamo di cosa abbiamo avuto paura e perché, cominciamo ad approfondire quella emozione e a spiegarci come siamo arrivati a sentirci così.

In origine è stato Charles Darwin ad evidenziare il carattere adattivo delle emozioni, riconducendolo alla presenza di precursori biologici che consentissero alla specie umana di venire al mondo già strutturati in funzione dell’interazione e dotati degli strumenti conoscitivi essenziali alla sopravvivenza. Paul Ekman, William James e un vasto elenco di pensatori e studiosi hanno poi sviscerato il tema arrivando ad attribuire notevole importanza all’aspetto soggettivo e qualitativo delle emozioni, nonostante si ripetano i sempreverdi dilemmi di nesso causale: piangiamo perché siamo tristi o siamo tristi perché piangiamo? 14046Lo stesso James e Carl Lange ovvierebbero rispondendo che le nostre emozioni rientrano nell’alveo della nostra conoscenza attraverso le attivazioni fisiologiche; insomma ci sentiamo in collera perché il cuore ci batte forte e non viceversa.

La tanto bramata capacità di gestione delle emozioni può risultare altresì controproducente, anche perché la volontà di controllare tale movimento vorticoso non ci garantisce il buon esito del nostro monitoraggio; con tutta probabilità potremmo complicare le cose. Pensate oltretutto che ciascuno di noi vive e valuta le proprie emozioni con intensità e criteri differenti rispetto all’altro: non può dunque esistere una ricetta universale per vivere al meglio l’esperienza emotiva tout court.

Schermata-2014-01-15-a-19_56_22Guidano e Liotti hanno rivoluzionato il modo di considerare le emozioni quali processi non tanto da controllare quanto da riconoscere. Dare un nome, descrivere, avere cognizione di un’emozione sentita ci consente di avvicinarci ad essa e – seppur impetuosa – di viverla positivamente, nonostante possa trattarsi di un emozione comunemente definibile in accezione negativa (rabbia o tristezza per quanto concerne le emozioni di base, invidia e vergogna per fare alcuni esempi di emozioni complesse). La domanda sorge spontanea: com’è possibile vivere positivamente la tristezza? Sapere cosa ci rende tristi ci prepara a comprendere in quali occasioni potremmo sperimentare tristezza e dunque gestire gli eventi, le relazioni, le nostre cognizioni in merito e non le emozioni derivanti. Riconoscere, riflettere, valutare e metabolizzare sono step in grado di rendere più nitida l’emozione, in questo caso, di tristezza; va da sé che ciò che è noto suscita meno timori, rende più preparati rispetto all’impotenza che ci coglie dinnanzi all’incognita. Detto questo non potremmo mai rinunciare allo straordinario carattere travolgente di una fortissima gioia o di una piacevolissima sorpresa.

cognitivo-comportamentale-pineroloInsomma, considerando che le emozioni si delineano partendo da una fase di formazione, passando per la loro espressione e ricordandoci che in queste due fasi non abbiamo un potere gestionale (se c’è, è molto limitato!) potremmo tuttalpiù meditare sull’esperienza soggettiva ad esse associata (come noi valutiamo e ci spieghiamo quell’emozione) e orientare il nostro comportamento al contesto emotivo, adattandolo e, stavolta sì, gestendolo in vista di un esito migliore.

 

Dottoressa Claudia Marceddu

Psicologa clinica e forense

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