L’AUDIZIONE DEL MINORE TESTIMONE: BUONE PRASSI
I bambini possono essere considerati dei buoni testimoni?
In letteratura, molto è stato scritto sul tema della testimonianza del minore; si sprecano i riferimenti alla maggiore probabilità che i minori siano più vulnerabili degli adulti circa la bontà delle dichiarazioni rese. Il punto 12 delle Linee Guida Psicoforensi a questo proposito precisa che andrebbero adottati ‘Particolari cautele e specifici accorgimenti (…) nella raccolta e nel vaglio della testimonianza di minori, di soggetti portatori di deficit cognitivi e di altri soggetti deboli (…) ’. Molteplici sono i protocolli e le linee guida che rilevano l’importanza di una attenta e consapevole conduzione dell’audizione, qualora il testimone sia un minore (Carta di Noto, Linee guida nazionali – L’ascolto del minore testimone, L’ascolto dei minorenni in ambito giudiziario del C.S.M. e dell’Unicef, etc.).
Questo perché, ad esempio, il solo utilizzo di domande suggestive (leading questions) può gravemente inficiare la genuinità del resoconto testimoniale; in assenza di tali interrogativi tuttavia la capacità dei bambini di raccontare esperienze passate è tanto accurata quale quella degli adulti. Molto dipende infatti dai fattori individuali (personali, cognitivi, sociali) e dai fattori situazionali (contesto, modalità di ascolto e di interpretazione della testimonianza). La possibilità che un minore subisca l’influenza di domande suggestive sembra essere dunque relata alle dinamiche situazionali e contestuali che contraddistinguono l’interazione comunicativa. Il bambino, potenzialmente, può rendere dunque una testimonianza accurata e fedele del ricordo che ha.
Preservare la bontà delle dichiarazioni è possibile?
Il primo passo per scongiurare il rischio di una testimonianza contaminata dall’esterno è – logicamente – intervenire direttamente nelle pratiche di conduzione dell’ascolto.
Sarebbe necessario ridurre il più possibile il numero delle audizioni, considerando che generalmente un minore è chiamato a reiterare il racconto a più esperti, o adulti significativi, e in più contesti (familiare, giudiziario, terapeutico). Garantire che gli incontri avvengano con modi e in luoghi tali da assicurare la serenità del minore e rendere espliciti gli scopi del colloquio (tenuto conto dell’età e della capacità di comprensione) sono i primi step per conquistare la fiducia del teste, stando attenti a non intessere un filo di subordinazione e soggezione.
Precisare al minore che è libero di:
- correggere l’intervistatore qualora sbagli nel riportare o comprendere quanto detto dal teste;
- ammettere di non ricordare;
- ammettere di non sapere;
- ammettere di non essere sicuro.
Il corretto andamento dell’audizione potrebbe essere monitorato audio e/o videoregistrando le interviste e, nel caso di pluralità di esperti o osservatori, ricorrendo ove possibile allo specchio unidirezionale o ad altri strumenti di osservazione a distanza.
Insomma, l’interesse primario deve necessariamente essere la tutela indiscussa del bambino testimone.
Dottoressa Claudia Marceddu
Psicologa clinica e forense
I contenuti trattati sono stati ispirati dalle letture meglio precisate di seguito.
Ceci, S.J. & Bruck, M. (1993). The suggestibility of the child witness: a historical review and synthesis, Psychological Bullettin, 3, 403-439.
Ceci, S.J. & Bruck, M. (1995). Jeopardy in the courtroom: A scientific analysis of children’s testimony. Washington D.C: American Psychological Association.
Gulotta, G. & Cutica, I. (2009). Guida alla perizia in tema di abuso sessuale e alla sua critica. Milano: Giuffrè.
Quas, J.A. & Schaaf, J.M. (2002). Children’s memories of experienced and nonexperienced events following repeated interviews, Journal of Experimental Child Psychology, 83(4), 304-338.